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Politica | 21 aprile 2020, 07:49

E' in atto una gara a nominare esperti e commissari... ma l’abuso dell’istituto della delega rischia di minare la Democrazia

A Roma come a Torino si susseguono task force con promozioni e bocciature. Maggioranza e opposizione appaiono incapaci di dialogo anche in una situazione di estrema emergenza. Le divisioni, all’interno delle stesse coalizioni, denunciano una situazione rispetto alla quale la politica appare fragile e impotente

E' in atto una gara a nominare esperti e commissari... ma l’abuso dell’istituto della delega rischia di minare la Democrazia

“Abbiamo la Costituzione più bella al mondo! Ma siamo sicuri?

Una Costituzione che permette al popolo di eleggere e delegare i propri rappresentanti che però, anziché governare, delegano i loro compiti di governo ad altri non eletti, i quali, a loro volta, delegano altri soggetti che, attraverso commissioni o commissari, suggeriscono ai non eletti come governare e prendere decisioni.

Aspetto questo che trova la sua peculiarità unicamente in Italia soprattutto negli ultimi decenni e lo vediamo oggi con l'emergenza del Coronavirus dove c'è la gara a chi nomina più commissioni, commissari ed esperti.

Il tutto in violazione del principio giuridico secondo il quale 'delegatus non potest delegare' ovvero ' delegatio delegationis fieri non potest'.
Grande assente 'ingiustificato' nella classe politica: la competenza.
Io penso che questa sia piuttosto una sorta di dittatura democratica”
.

Questa acuta osservazione, con ossimoro finale, inviataci da un nostro lettore di Cortemilia, Alessandro Taretto, suggerisce alcune riflessioni sulla fase convulsa che sta attraversando la Democrazia nel nostro Paese in questa fase.

La situazione emergenziale è indubbiamente di una gravità senza precedenti ed è arrivata in un momento in cui la politica italiana, nelle sue articolazioni partitiche e di coalizione, mostra tutta la sua debolezza.

I pareri non sempre (anzi, quasi mai) concordi della scienza non aiutano chi ha ruoli istituzionali ad assumere decisioni.

Ecco allora che si scatena la caccia all’esperto, si ricerca il conforto di colui che, in virtù di precedenti esperienze, offre la propria consulenza, immaginiamo dietro congruo compenso.

E così succede che nelle “Unità di crisi” promozioni e bocciature si susseguano a ritmo analogo al cambio delle mascherine.

Emblematico del clima è, ad esempio, il rimpallo di accuse che perdura da vari lustri in Piemonte tra centrodestra e centrosinistra sui tagli alla Sanità e che viene ora riesumato con virulenza nel gioco dello scaricabarile.

Le stesse coalizioni nazionali appaiono posticce. Partito Democratico e Movimento 5 Stelle governano insieme ma, come noto, si tratta di tutt’altro fuorché di un’alleanza organica.

Situazione non dissimile nel centrodestra dove il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, ha assunto in ambito europeo scelte che nulla hanno di “sovranista” e dunque in evidente contrasto col pensiero dei suoi alleati Matteo Salvini (Lega) e Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia).

Fanno un po’ sorridere, di questi tempi, quei temerari sondaggisti che cercano di carpire l’indice di simpatia nei confronti di questo o quel partito.

Il Consiglio dei Ministri stamane ha deciso un ulteriore rinvio delle elezioni amministrative, tra settembre e dicembre, e non poteva essere altrimenti.

Le Regioni, anche quelle del Nord (quindi più omogenee) che stanno pensando ad una progressiva riapertura, procedono in ordine sparso.

Il presidente del Piemonte, Alberto Cirio, aveva ipotizzato il 4 maggio.

Poco fa, sulla base dei dati dei contagi ancora alti in Piemonte, il Ministero della Salute ha detto che sarebbe azzardato procedere prima del 21 maggio.

E poi c’è la partita del Sud contro il Nord, col governatore della Campania Vincenzo De Luca che minaccia di blindare la sua regione se la Lombardia si azzarda a bruciare i tempi.

Siamo consci di quanto arduo sia assumersi responsabilità di scelte in questo momento, ma proprio per questo sarebbe forse opportuno cominciare a silenziare quei bollettini di guerra che quotidianamente vengono inoltrati. Servono a poco perché si tratta, nella maggior parte dei casi, di numeri privi di riferimenti utili ad una loro corretta interpretazione.

Sono tuttavia temi sui quali non vogliamo avventurarci, limitandoci ad osservare che il mondo dell’informazione avrebbe invece bisogno di pochi ma chiari messaggi da indirizzare ad un’opinione pubblica sempre più frastornata.

Ciò detto e per tornare allo spunto iniziale, è lecito chiedersi: quale sarà lo scenario politico che si presenterà ai cittadini-elettori se e quando l’emergenza sarà finita?

Forse nemmeno gli aruspici, quelli che un tempo esaminando i visceri degli animali sacrificali cercavano di interpretare il futuro, se la sentirebbero di avventurarsi in previsioni di questa natura.

Per il momento si naviga a vista e in una coltre di nebbia che ha ben poco di primaverile.

Giampaolo Testa

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