Il Nazionale

Cronaca | 10 aprile 2020, 18:15

Coronavirus, se stiamo in casa serve a qualcosa? Ce lo dicono i ricercatori dell'Università

Gli esperti dell'ateneo torinese, suddivisi in tre gruppi di ricerca e impegnati a scoprire gli effetti delle strategie di controllo, dimostrano come la risposta della popolazione sia efficace anche se gli asintomatici fossero il doppio di quelli stimati

Coronavirus, se stiamo in casa serve a qualcosa? Ce lo dicono i ricercatori dell'Università

Ma i sacrifici che stiamo facendo per combattere il Coronavirus, dalla chiusura delle attività lavorative al divieto di uscire di casa, funzionano per combattere il contagio? E' una delle risposte che sono stati chiamati a dare i tre gruppi di lavoro allestiti dall'Università di Torino, coinvolti per esplorare gli effetti delle strategie di controllo attuate da Governo e Regione. 

Lo hanno fatto analizzando cosa cambia, al variare della risposta delle popolazione ai vari decreti, ma anche considerando numeri più ampi rispetto a quelli a disposizione: dunque non solo i positivi al Covid-19, ma stimando anche il numero di casi non rilevati. E il risultato è che gli effetti sono comunque positivi, anche se gli asintomatici fossero il doppio rispetto a quelli che oggi come oggi consideriamo infetti.

I tre gruppi di ricerca di diverse discipline dell’Università di Torino hanno sviluppato un modello computazionale per studiare la diffusione dell’epidemia da Coronavirus in Piemonte. Il modello, usando i dati di sorveglianza raccolti dal Ministero della Salute e dalla Protezione Civile, permette di esplorare gli effetti delle strategie di controllo attuate dal Governo e dalla Regione Piemonte variando la risposta della popolazione a tali restrizioni.

Questo lavoro interdisciplinare nasce dalla collaborazione di tre gruppi di ricerca, due afferenti al Dipartimento di Informatica e uno al Dipartimento di Scienze Mediche: gruppo di Quantitative Biology (riferimenti Marco Beccuti e Francesca Cordero), gruppo di Modellistica Quantitativa e Valutazione delle Prestazioni di Sistemi (riferimenti Matteo Sereno) e gruppo di Epidemiologia (Lorenzo Richiardi, e Milena Maule).  

Il modello proposto considera non solo il numero di individui positivi al COVID-19 ma anche il numero di casi non rilevati (soggetti asintomatici), che possono potenzialmente infettare il resto della popolazione favorendo la rapida diffusione del coronavirus 2 nella regione Piemonte. La frazione dei casi non rilevati è infatti essenziale nella diffusione COVID-19.

"Mediante il nostro studio – spiegano i ricercatori - vengono eseguite analisi che provano a rispondere a quesiti del tipo: “Qual è l’impatto sulla diffusione dell’epidemia nel caso in cui la percentuale di infetti asintomatici è pari al doppio, triplo, del numero di infetti diagnosticati?”. I risultati ottenuti mostrano che la risposta della popolazione alle varie restrizioni governative risulta efficace nel contenimento della diffusione dell’epidemia COVID-19 indipendentemente dal numero di soggetti asintomatici presenti nella comunità". 

I modelli computazionali utilizzano i computer per studiare e simulare il comportamento di sistemi complessi permettendo di migliorare le conoscenze del sistema in studio e valutare le politiche di gestione da adottare. In ambito epidemiologico, i modelli computazionali possono essere utilizzati per lo studio di politiche di contenimento e gestione dell’epidemia. Le ricerche alla base del lavoro fanno un ampio utilizzo delle infrastrutture di calcolo a disposizione dell' Università degli Studi di Torino (Centro di Competenza sul Calcolo Scientifico - C3S - Università di Torino e HPC4AI).

Il lavoro attuale è uno studio preliminare sottomesso per la pubblicazione (e quindi a revisione da parte della comunità scientifica) su un'importante rivista scientifica, BMC Medicine. I tre gruppi svilupperanno analisi simili per altre Regioni italiane e verranno valutate le possibili strategie per l’allentamento delle misure di controllo.

redazione

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