“Chi acquista Barolo ha il diritto che il vino sia conforme al disciplinare, anche per rispetto di altri produttori che invece sono ligi”, aveva sostenuto il pm Attilio Offman durante la passata udienza del processo che ha condannato a sei mesi di reclusione per il reato di tentata frode in commercio i fratelli Orlando e Attilio Pecchenino, vignaioli di Dogliani.
La condanna si riferisce alla bottiglie poste sotto sequestro dai Nas nel 2016 delle annate dal 2007 al 2012, che saranno restituite e rietichettate come ‘Nebbiolo Langhe’ sotto vigilanza della Polizia Giudiziaria.
Noti produttori, i Pecchenino sono titolari una storica azienda vitivinicola con vigneti e cantina a Dogliani, ma altresì proprietari di terreni e cantina proprio nella zona del Barolo, a Monforte. Il pm Attilio Offman contestava loro di aver eseguito il processo di vinificazione di Nebbiolo da Barolo a Dogliani, ad appena 300 metri fuori dalla zona di origine del vino stesso, e non a Monforte d’Alba, area che rientra nel “Disciplinare”. Questo prevede infatti regole molto rigide per le operazioni di vinificazione e invecchiamento delle uve che diventeranno Barolo, e che devono essere eseguite obbligatoriamente nella zona di produzione.
Secondo il pm, che aveva chiesto una pena di 20 giorni di reclusione e 1.200 euro di multa, la vinificazione e l’invecchiamento non sarebbero mai stati fatti nella cantina “fantasma” e troppo piccola di Monforte: “Là non ci lavorava nessuno, se non il solo Orlando Pecchenino. Nessuno portava le uve, nessuno ritirava le vinacce e i raspi. I consumi d’acqua erano bassissimi, non c’erano scarichi reflui, non c’erano operazioni di pigiatura delle uve, le vasche per la fermentazione avevano una capienza insufficiente per contenere le quantità di vino dichiarate. La maggior parte delle barrique veniva portata a Dogliani”. Lo stesso pubblico ministero aveva sottolineato che non si trattava di un vino di qualità inferiore, ma soltanto privo delle caratteristiche che deve avere un Barolo DOCG.
I fratelli, difesi dagli avvocati Luisa Pesce e Fabrizio Mignano, sono stati invece assolti dalle stesse accuse con riferimento alle annate di Barolo 2005 e 2006.
Orlando Pecchenino aveva voluto chiarire come la cantina di Monforte fosse utilizzata come una soluzione momentanea: “Siamo una famiglia di vignaioli che esporta in 25 Paesi. Fino al 2005 la vinificazione era fatta in una cantina di Novello, poi abbiamo affittato e rimodernato una cantina a Monforte, ma nel frattempo abbiamo cercato una proprietà in loco. Per varie lungaggini burocratiche trattandosi di territorio sotto vincolo dell’Unesco siamo riusciti a ultimarla solo nel 2017”.
Commenti