Attrezzatura, conoscenza e buon senso, questi sono i requisiti di base per avventurarsi in montagna anche d’inverno. Lo ripete Roby Boulard, guida alpina e gestore del rifugio Willy Jervis di Bobbio Pellice che rimane aperto anche nella stagione fredda a 1.732 m s.l.m. nella Conca del Pra in Alta Valle. Proprio sul sentiero che porta al Pra, sabato sera, 4 escursionisti sono stati tratti in salvo dal Soccorso alpino e Speleologico piemontese poiché bloccati dal ghiaccio. «Non è necessario essere all’Everest per morire di ipotermia... è sufficiente essere bloccati sul sentiero del rifugio Jervis in inverno mal equipaggiati» dopo l’accaduto, sulla pagina Facebook del rifugio, Boulard ha commentato con un post che ha suscitato commenti e reazioni. «Commentare era doveroso, perché altrimenti qui la gente si farà male veramente – spiega Boulard -. Non basta un paio di ciaspole per salire in montagna d’inverno, sono necessarie competenze spesso ignorate perché è scarsa l’informazione. Ad esempio se cerco sul web indicazioni su ciò che è necessario mettere nello zaino per un’escursione invernale, difficilmente troverò qualcosa di attendibile». Il rischio è anche, secondo il rifugista, che per scongiurare i pericoli, la Prefettura o il Comune intervenga per vietare la salita in inverno.
È da quarant’anni che Boulard fa questo lavoro e il modo di andare in montagna appare anche a lui cambiato: «Sono aumentate le persone abituate all’escursionismo estivo che decidono di salire anche in inverno, direi che circa l’80% di chi viene da noi la domenica nei mesi freddi non ha l’attrezzatura adatta». Leggerezza che d’inverno espone a forti rischi: «I mutamenti delle condizioni della neve in questa stagione sono così repentini che non bisogna trovarsi impreparati. Quando fonde e rigela, la neve diventa dura come un mattone, è quindi necessario, ad esempio, essere muniti di ramponi». Ma non basta l’attrezzatura per sentirsi sicuri, bisogna conoscere bene il territorio: «I segni bianchi e rossi che indicano il sentiero sono inutili in quanto sepolti sotto un metro di neve, non bisogna quindi mai abbandonare una pista battuta».
Boulard intravede una strada per limitare gli incidenti come quello di sabato sera: «Rifugisti, associazioni specialistiche, mondo dell’informazione... già a inizio estate dovremmo metterci tutti attorno a un tavolo per stilare un semplice vademecum con indicazioni su come salire in montagna d’inverno».
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