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Sanità | 12 novembre 2025, 06:05

“I ragazzi sono esposti e la rete adulta deve essere più solida”. Lo sguardo del dottor Marco Marzolla dopo la serata del Comitato Studenti ad Alba

A pochi giorni dall’incontro su salute mentale e dipendenze, il dirigente del SerD dell'ASL CN2 approfondisce alcuni temi: ansia, ritiro sociale e sostanze come auto-medicazione

“I ragazzi sono esposti e la  rete adulta deve essere più solida”. Lo sguardo del dottor Marco Marzolla dopo la serata del Comitato Studenti ad Alba

C’è stato un momento, sabato sera, in cui la Sala dello Sport di via Manzoni ha smesso di essere un luogo e si è trasformata in un varco. Nessuna distanza tra palco e platea; nessuna sovrastruttura. Solo uno scambio diretto, quasi frontale, fra la vulnerabilità dei più giovani e lo sforzo del mondo adulto di capirli davvero.

Il Comitato Studenti Alba, reduce dal successo dell’iniziativa di approfondimento "Salute mentale e dipendenze. La mente in equilibrio", lo ha detto con chiarezza: "La città ha a cuore questi temi", hanno ribadito i co-presidenti Paolo Cittadino e Beatrice Sala. La generazione che non accetta silenzi ha portato sul tavolo parole come ansia, dipendenze digitali, sostanze, solitudine. E gli adulti, questa volta, hanno ascoltato.

Tra i protagonisti del confronto c’era Marco Marzolla (nella foto sotto), medico dirigente del Servizio Dipendenze Patologiche dell’ASL CN2, con il quale abbiamo deciso di approfondire alcune tematiche di stretta attualità.

Nel territorio albese e roerino quali sono oggi le fragilità più evidenti tra gli adolescenti e i giovani adulti? Si parla spesso di ansia, uso di sostanze, dipendenze digitali: quali tendenze state osservando nei vostri servizi?

"Il territorio riflette l’andamento che si riscontra a livello più generale. Il trend, negli ultimi dieci anni, si è spostato da sintomi di ambito esternalizzante (disturbi del comportamento, etero-aggressività e discontrollo degli impulsi) a sintomi internalizzanti (ansia, self-cutting, ritiro sociale). L’uso delle sostanze, così come l’uso compulsivo del digitale assumono frequentemente il significato di un auto-medicamento, rappresentando un segnale indiretto del bisogno di auto-regolarsi e anestetizzare i vissuti di sofferenza.

L’incontro a cui ha partecipato nasce da un’iniziativa del Comitato Studentesco, quindi da ragazzi che parlano ai loro coetanei. Dal punto di vista clinico, quanto conta che siano proprio gli studenti a voler accendere un faro sulla salute mentale? E in che modo questo approccio “tra pari” può rafforzare la prevenzione?

"Penso che le iniziative che nascono tra i pari, per i pari, siano particolarmente efficaci. Del resto, la letteratura scientifica conferma l’importanza di creare, soprattutto nei contesti di prevenzione, interventi gestiti o coadiuvati dai pari. In questo senso, peraltro, sono state concepite le azioni preventive e terapeutiche basate sugli “esp” o “esperti per esperienza. I giovani condividono significati/linguaggi e possono assumere il ruolo, molto significativo, di “mediatori” fra bisogni giovanili, mondo adulto e Servizi".

Si dice spesso che il territorio abbia bisogno di “fare rete”. Sul tema delle dipendenze e del disagio giovanile, quali sono oggi le collaborazioni più efficaci tra scuole, famiglie, servizi sanitari e terzo settore? E quali invece le criticità che rallentano gli interventi?

"I SerD sono nati e sono cresciuti con un approccio “di rete”. Strutturalmente sono stati pensati come unità "multiprofessionali", in cui all'interno coesistono differenti professionalità (medici, psicologi, educatori, assistenti sociali, infermieri, oss). Trasportando il concetto, fuori dal SerD, credo che la forza dei Servizi risieda proprio nella capacità e nella possibilità di costruire “ponti” fra professioni e realtà territoriali o ospedaliere. In questo senso si colloca anche la collaborazione con gli enti del terzo settore (ad es. i progetti di sostegno territoriale ai pazienti e i progetti di residenzialità) e con gli enti volontaristici, che creano spazi “altri”, non connotati, di grande sostegno per i Servizi (si vedano ad esempio i gruppi di mutuo aiuto per i genitori e per le persone in trattamento)".

Negli ultimi anni i consumi di alcol e cannabis tra i giovanissimi hanno mostrato un abbassamento dell’età di primo contatto. Che cosa significa per un servizio come il vostro e quali strumenti ritenete prioritari per intercettare i segnali precoci?

"Il panorama dell’uso delle sostanze si sta modificando velocemente. Gli ultimi dati della ricerca internazionale ESPAD relativi al quinquennio 2019-2024, appena usciti, su ragazzi di 15-16 anni, evidenzia una riduzione, globale, dell’uso di tutte le sostanze e dei consumi di alcol, con i cannabinoidi che rimangono le sostanze illecite più usate in fascia adolescenziale. Tuttavia, dato significativo, si è assistito ad un “livellamento” delle prevalenze tra maschi e femmine, e, interessante, per i cannabinoidi e per i farmaci assunti senza prescrizione medica, in alcuni paesi si osserva addirittura una prevalenza maggiore nel sesso femminile rispetto agli omologhi maschi. Il dato è chiaramente in controtendenza, data la (storica) evidenza di una maggiore prevalenza di queste condotte nel sesso maschile. Inoltre, purtroppo, emerge in entrambi i sessi un abbassamento dell’età di primo contatto con alcol e sostanze. Questi dati conducono necessariamente i Servizi a implementare e ripensare le azioni di prevenzione e “presenza” nei contesti aggregativi e scolastici".

 Molti insegnanti e genitori riferiscono un senso di “solitudine educativa” nel fronteggiare i cambiamenti post-pandemia. Quale ruolo può assumere un territorio come il nostro – scuole, Comuni, associazioni – per accompagnare i giovani in percorsi di consapevolezza e di salute mentale più robusti?

"Penso che il mondo adulto abbia il compito e la responsabilità di “non lasciare soli” gli adolescenti. La fase adolescenziale è un periodo di grande vulnerabilità, ma anche di grande possibilità dal punto di vista educativo. Si è scritto molto sul tema, e tutte le linee guida sulle pratiche di prevenzione sono concordi nell’indirizzare il lavoro con gli adolescenti ad un approccio ibrido, costruito sull’informazione e sul sostegno all’acquisizione di competenze di regolazione interna e gestione del conflitto".

Guardando ai prossimi anni, quali sono le priorità che lei vede per migliorare la prevenzione e la cura delle dipendenze nel territorio dell’ASL CN2?

"Credo che sia importante continuare a investire su interventi in grado di “portare fuori”, sul territorio, le competenze del Servizio. In questo senso, sarebbe importante pensare a spazi non connotati (e non sanitari) per i giovani, in particolare per la fascia adolescenziale e per i giovani adulti. Penso a spazi “a scavalco”, da strutturare insieme ai comuni, al terzo settore e alle associazioni (sul territorio nazionale non mancano gli esempi da cui trarre ispirazione). Penso sia importante proseguire con gli interventi di prevenzione, puntando alla presenza di operatori nei contesti di marginalità e in quelli più “a rischio”, come feste e contesti ricreativi. Infine, penso sia fondamentale continuare a lavorare in un’ottica trasversale e con approccio multi-disciplinare, soprattutto per i casi (i più complessi) di co-occorrenza tra Disturbi Mentali e Disturbi da Uso di Sostanze".

Daniele Vaira

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